Via Claudia Quinta: Il miracolo del simulacro di Cibele
La nostra scoperta dei personaggi che hanno fatto la storia del Litorale romano attraverso le vie e le piazze a loro dedicate comincia dal cuore del borgo di Ostia Antica, dove una piccola stradina porta ad uno dei due ingressi che si aprono nelle sue mura medievali. Ci accompagnerà in questo viaggio fantastico tra storia e leggende lo gnomo Alfredo, che si è gentilmente prestato a fare da fotoreporter.
La via in questione è intitolata a Claudia Quinta, una matrona romana vissuta all’epoca della Seconda Guerra Punica (III sec. a.C.), ingiustamente accusata di comportamento scandaloso, che proprio ad Ostia, grazie ad un evento miracoloso, trovò il suo riscatto, diventando un simbolo di virtù e castità.
Per Livio Claudia era una matrona, ovvero una donna romana sposata, ma col tempo il mito la “trasformò” in una vestale (così ad es. Svetonio), una delle sacerdotesse incaricate di preservare il fuoco sacro di Roma, scelte tra le bambine più belle e nobili della città, obbligate a rimanere vergini fino all’età di 40 anni e dotate di privilegi impensabili per ogni altra donna romana. Una “veste” molto più appropriata per interpretare il ruolo della donna virtuosa per antonomasia che il tempo le avrebbe attribuito.
La sua storia ci viene raccontata, tra gli altri, da Ovidio (Fasti, IV, 305-328). E’ lui a dirci che era una donna bellissima, nobile e casta, ma non creduta tale (nec facies impar nobilitate fuit, casta quidem, sed non et credita). Claudia soffrì per delle accuse ingiuste (rumor iniquus…et falsi criminis) a causa del suo portamento, del suo abbigliamento, perfino della sua chioma! Addirittura la si accusò dell’(allora) imperdonabile “crimine” di essere una pettegola (cultus et ornatis varie prodisse capillis obfuit ad rigidos promptaque lingua senes). Questo comportamento inappropriato avrebbe portato a ritenerla una adultera.
Claudia allora invocò l’aiuto della dea Cibele, che diventerà la Magna Mater dei Romani, il cui culto antichissimo era legato alla fertilità della terra. E lo fece in una occasione speciale, davanti agli occhi di tutti. Era il 204 a.C. e un’ondata di misticismo, dovuta alla terribile minaccia di Annibale, si era diffusa a Roma. Per questo si pensò di chiedere aiuto alla dea Cibele, e la pietra nera che la simboleggiava era stata trasferita in Italia dalla città di Pessinunte, in Asia Minore. Claudia era stata scelta, insieme a Scipione Nasica, per dare il benvenuto al simulacro della dea ma la nave che lo trasportava si incagliò nelle acque del Tevere, all’altezza della foce. Secondo la leggenda, Claudia l’avrebbe disincagliata semplicemente tirandola con la sua cintura, dimostrando in questo modo la protezione della dea e riacquistando la sua buona reputazione.
Una storia a lieto fine dunque, che ci riporta indietro alla Roma della Repubblica e ad un’epoca remota in cui l’accusa di immoralità poteva decretare la rovina di una persona e l’intervento miracoloso di una dea venuta dall’Oriente la sua salvezza.